Esos pies traspasados por las llagas caminan lentamente en una de las plazas de la ciudad de Asunción, Paraguay. Con humildes zapatos del color de la noche ese paso doloroso recorre repetidamente el perímetro del palco marcando el correr del tiempo. La mirada se dirige una vez más hacia la pantalla de su teléfono celular. Son las 19:00 hs. la cita con el público había sido fijada para las 18:30 hs. Pero como es sabido la impuntualidad es una característica de las tierras del sur. Esperamos un poco más. Sus ojos sondean la plaza. La expresión de su rostro atraviesa mi pecho. Giorgio Bongiovanni, 51 años, señalado desde hace 25 años por las llagas sagradas de la pasión de Cristo, su vida ha sido tocada por una profunda experiencia mística, espiritual y completamente dedicada a una constante obra social. Ha recorrido 12.000 kilómetros para estar aquí, junto a sus hermanos y colaboradores en esta tierra de Paraguay, junto a Su hijo Giovanni, a los amigos que lo han acompañado desde Italia y a los hermanos que llegaron desde Argentina, desde Uruguay, desde Chile. Detrás suyo está la familia Medina, completa. Los hermanos, las hermanas, la madre, el padre y la hija mayor de Pablo están allí, sentados en algunas sillas ubicadas en un gasebo.
Hace poco más de un mes, como periodista me interesé en el caso del asesinato de Pablo Medina. Me unían a él varios puntos: escribir para el mismo diario, compartir sentimientos de justicia social y política, y sostener (hasta mis últimos momentos de vida), que la mafia y el Estado, juntos, logran sumergir a un pueblo en la miseria, en la mayoría de las veces económica, y en la decadencia humana, en todas sin excepción.Grandes ríos de tinta se imprimían en las tapas de los diferentes diarios. ¡¡El caso de Pablo vende y vaya como!!
Sus compañeros de ABC Color, que prácticamente no leían lo que Pablo escribía, en un segundo se convirtieron poco más que en hermanos entrañables, mientras que los hermanos entrañables, aquellos que compartían con Medina, la trinchera en Curuguaty y zonas cercanas, lo lloraban en el más oscuro silencio. Con esa rabia con sabor a impotencia.
El asesinato de Pablo Medina no quedó en silencio o con apenas unas manifestaciones aisladas, como el asesinato de los otros dos periodistas anteriores, también paraguayos.
En mayo, Fausto Gabriel Alcaraz fue asesinado después de informar sobre el comercio de drogas del país y por otra parte, Edgar Pantaleón Fernández Fleitas, un locutor de radio que denunció la corrupción judicial y que fue asesinado en su casa en junio.
El asesinato de Pablo fue la gota que desbordó el vaso y su muerte generó las mismas consecuencias que sus artículos y denuncias. Un revuelo de aguas turbias.
El sindicato de periodistas exigió al gobierno protección para los periodistas que escriben desde el nordeste del país. Parecería que desde esa zona, si eres periodista honesto, solo puedes escribir de mafia, extorsión, tráfico y narcopolítica.
El presidente Horacio Cartes, se dignó a tomar su pluma y emitió un comunicado que entre otras cosas decía: “Nuestro Gobierno lamenta y condena enérgicamente este asesinato que no solo atenta contra la paz de nuestro país, sino que también es una violación directa a los derechos humanos y un ataque a la libertad de expresión”.
Más tarde una comisión bicameral del Parlamento designada para investigar el asesinato y las condiciones en las que se produjo, parecería mostrar la cara más macabra del narco estado paraguayo y el pedido de juicio político a ministros del partido colorado era el caballito de batalla que se utilizaba para mostrar al exterior del Paraguay, que el Paraguay se limpia solo.
Llegamos al aeropuerto de Asunción, después de 28 horas de viaje, entre escalas en España y Brasil. Nos espera un numeroso grupo que representa a las diferentes arcas de Latinoamérica. Nos tomamos unos pocos minutos para darnos un cálido abrazo con cada uno de ellos y Giorgio sube ya al coche que nos conduce hacia la casa de Omar Cristaldo, representante del Arca de Paraguay, y de su preciosa mujer, nuestra querida Hilda.
A Pablo.
Sono trascorsi solamente 12 giorni da quando quelle mani assassine hanno dilaniato il tuo corpo, 12 giorni da quando quegli sporchi vigliacchi, mandatari dei tuoi sicari, hanno festeggiato la tua morte. Ancora non sanno però che in quel preciso istante in cui il tuo corpo trafitto esalava l'ultimo respiro e il tuo prezioso spirito volava via alto e libero nel cielo, tu riacquistavi la vita, ritornando nei tuoi mondi, proprio lì in quelle stelle lontane da dove sei venuto raggiungendo così i tuoi amati fratelli. Loro, i tuoi codardi assassini, nel medesimo istante hanno eletto la morte dirigendosi verso mondi tenebrosi e infernali.
Il tuo sangue quaggiù unito a quello di tanti altri martiri come te ha benedetto la lotta dei giusti e ha consacrato tutti noi figli della tribù di Giovanni. Ora sappiamo che la croce del Golgota apparsa sulla fronte del tuo fratello Giorgio, il 3 di settembre, annunciava anche questo nuovo sacrificio.
Un angelo dagli occhi d'oriente, lucenti di tenerezza e d'amore ha voluto accompagnare con le sue ali dorate il tuo volo verso il Sole.
Sangue di Verità. Sangue di Giustizia. Sangue di Cristo che scorre ancora copioso in questo mondo malvagio e perverso, creando un solco sempre più netto tra i vivi e i morti. Loro uccidono e muoiono perché hanno paura. Voi giusti, no, voi avete vinto la paura e la morte, immolandovi come Cristo, perché a Lui appartenete. Voi siete immortali, eterni e noi vogliamo imitarvi, non vogliamo avere paura perché sappiamo che la nostra vita avrà valore solamente se sapremo combattere fino all'ultimo respiro perché la Giustizia, l'Amore e la fratellanza universali possano regnare anche in questo angolo di universo dove finalmente i nostri figli potranno crescere in Pace e Armonia. Solo così avremo il coraggio di reggere il tuo e vostro sguardo quando ci rincontreremo, lo sguardo di tutti i bambini sofferenti nel nostro mondo, e lo sguardo del Cristo Redentore che ci chiederà conto delle nostre azioni quando discenderà dal Cielo per proclamare il suo Santo Regno. No, non abbiamo paura di questi codardi assassini, loro non sanno che il sangue di un solo martire rivive in centinaia di nuovi giusti che si rialzeranno e combatteranno per gli stessi ideali di Giustizia e Verità.
Voi, Pablo, siete i caduti in campo della legione bianca di Cristo in questa grande battaglia di Armagheddon. Ma voi avete già vinto. Noi dobbiamo ancora combattere. Loro però la guerra l'hanno già persa.
Ciao Pablo, 12 giorni sono passati e hai lasciato un vuoto immenso su questa triste umanità.
A presto.
Sonia Alea
Arca 3 – Italia
La prima cosa che mi ha colpito quando ti ho conosciuto è stato il tuo silenzio. I giornalisti di solito non lo sono mai, parlano, spiegano, gesticolano. Tu invece ascoltavi con attenzione. Poi hai parlato, ci hai spiegato le condizioni disastrose del tuo Paese, l’assenza di diritti, anche i più elementari, l’assenza di democrazia, l’assenza di libertà. E la tua battaglia coraggiosa e determinata per scoprire chi aveva già assassinato tuo fratello e per smascherare chi tiene in ostaggio il Paraguay. Un giornalista vero si riconosce subito, dati precisi, analisi lucide, proiezioni corrette. E diventa un pericolo. Lo sapevi e non ti sei fermato. Lo sapevi e non hai avuto paura. Hanno avuto paura loro, invece. Vigliacchi e assassini.
Oggi ci sentiamo più soli, abbiamo perso un altro uomo raro in questa battaglia impari contro un mostro sempre più potente e spietato. Ma quando il male si manifesta palesemente, sfacciato, è perché ha ancora poche cartucce da sparare. Adesso subiamo quest’altra ingiustizia ma non tarderà il giorno in cui la Giustizia, quella vera, che spazzerà via le arroganze terrene, verrà. Sarà il giorno in cui ci rivedremo tutti, tu già nella Gloria perché il tuo Spirito si sta già beando della ricompensa dei giusti. Hasta pronto amigo y gracias por tu sacrificio.
Tu hermana Anna
Anna Petrozzi
Capo redattore della rivista AntimafiaDuemila
Arca 3 - Italia